Carl Maria Seyppel principe della mistificazione ironica

Bende di mummia e manoscritti naufragati di Cristoforo Colombo

di Giorgio Perlini

Tra gli autori di libri “weird” e poco noti che compaiono in questo sito, il più bizzarro in assoluto, totalmente ignoto in Italia ma poco celebre anche in patria, è un tedesco vissuto nel XIX secolo, tale Carl Maria Seyppel. Ritrattista, caricaturista, paesaggista, pittore di scene di genere tipicamente germaniche, Seyppel si dedicò nell’ultimo ventennio dell’Ottocento a scrivere e disegnare con piglio geniale libri satirici fuori da ogni schema. Tre di questi volumetti, sono realizzati imitando in parodia lo stile egizio, dunque con figure bidimensionali, seguendo le regole codificate della pittura e del bassorilievo fin dal secondo millennio a.C. Testo e disegni sono disposti in sequenze tali da comporre, agli occhi di un lettore moderno, qualcosa di definibile come protofumetto, dunque la ricercata antichità si trasforma in avanguardia narrativa e per certi versi popolare, tanto che alcuni volumi ebbero edizioni anche in lingua inglese e francese. Ma il punto più interessante dell’intera operazione è il conferimento di un aspetto vetusto alla cosiddetta “veste editoriale”: la trilogia in questione, Aegyptische Humoreske (Umorismo Egizio), composta da Schlau, Schlauer, am Schlausten (Intelligente, più intelligente, più intelligente ancora), Er, Sie, Es, (Lui, lei, esso, con sottotitolo “racconto umoristico egiziano dipinto e scritto secondo natura, l’anno 1302 prima della nascita di Gesù Cristo, e Die Plagen (Le piaghe), venne stampata su carta che imita il papiro, chiamata dall’autore “carta di mummia”(1), invecchiata con un laborioso processo manuale che prevedeva l’uso di acidi per ottenere marezzature verdi e bluastre, inventato dallo stesso Seyppel. Tutte le pagine hanno margini irregolari, come fossero strappate, rosicchiate dai topi o comunque consumate dal tempo, tanto da far sì che non esistano due sole copie identiche. Poi il colpo da maestro, le copertine. Realizzate in tela grezza e sfilacciata raccolgono le pagine attraverso cordoncini di canapa che sostituiscono la classica rilegatura. Il titolo è impresso a secco ed il tutto acquisisce regalità grazie ad un sigillo di cera scura, che in alcune copie particolarmente ben conservate appare ancora intatto (2). Queste creazioni costituiscono un’appendice singolare di quella passione chiamata egittomania, scatenatasi in conseguenza della campagna napoleonica nel paese delle piramidi (1798-1801) con relative spoliazioni e costituzioni di collezioni museali europee. L’archeologia tedesca dell’Ottocento vanta nomi di egittologi importanti tra i quali Georg Ebers, con il quale Seyppel era in contatto epistolare, e Heinrich Karl Brugsch, fondatore nel 1863 della “Rivista per la conoscenza dell’antichità e della lingua egizie”, primo magazine scientifico a tema, ancora esistente, che verosimilmente annoverava Seyppel tra i lettori. Insomma, l’autore di queste follie pseudo archeologiche, animato da sincera passione, si documentava e chiedeva consigli agli esperti. Ma per arrivare dove? Quali storie narrano i suoi libri? Le vicende hanno inizio nel 1315 prima di Cristo sotto il regno del faraone Rhapsinit III. Nella prima pagina, Seyppel si dichiara pittore e poeta di corte, e al posto dell’indirizzo dell’editore riporta “Memphis, via delle Mummie n.35, terzo piano, quarto campanello”. Il racconto riguarda le vicissitudini che conducono alle nozze tra Rasa, figlia del faraone regnante e Ruppsippos. Il secondo volume (nel quale l’indirizzo è mutato in “via delle Piramidi n.36, 1° piano, chiedere in portineria”), riprende la narrazione dall’anno 1302. Il Re Rhapsinit gioisce per la nascita di un nipote e tutto l’Egitto esulta, compreso il pittore-poeta Seyppel, che si ubriaca durante la festa, scusandosi poi con i lettori per l’andamento irregolare della grafia nelle pagine relative all’evento. Presto però il Re muore ed iniziano così le lotte di potere tra sua figlia Rasa ed il marito Ruppsippos, tra i quali si frappone il primo ministro Raffo. Al termine di peripezie tragicomiche Ruppsippos la spunterà e verrà incoronato. L’ultimo volume fa il verso all’esodo ebraico ed al racconto biblico delle piaghe d’Egitto, e per le marcate caratterizzazioni delle fisionomie semitiche è stato visto come un triste anticipo nella cultura tedesca di quel disprezzo razzista che culminerà con l’ascesa hitleriana.

Ma il capolavoro di Seyppel non fa parte del ciclo egizio. L’artista superò sé stesso con l’ultimo dei suoi spassosi falsi d’autore, eseguito nel 1890. Trattasi nientepopodimeno che del Christoph Columbus Logbuch, ovvero il Diario di Cristoforo Colombo. Introdotto dall’iscrizione “S. S.A.S. XMY XPO FERENS!” (Supples servus altissimi Salvatoris Xristi Mariae Josephi “Christoferens”, ovvero, mescolando Latino e Greco “Supplice servo dell’Altissimo salvatore Cristo, di Maria e di Giuseppe, “portando Cristo” cioè diffondendo il messaggio evangelico, ma XPO FERENS corrisponde anche al nome Cristoforo) ed ideato forse in vista del quattrocentenario della scoperta dell’America narra, in lingua tedesca per supposti motivi di segretezza, l’impresa del primo viaggio di Colombo, partendo proprio dal 3 Agosto del 1492. Le memorie sono indirizzate al primogenito Diego e completate tramite l’aggiunta di divertenti disegni rinascimentali (punizioni piratesche, mostri marini e demoni avversi, indiani che fumano sigari, vulcani su isole sconosciute, mappe del tesoro). Seyppel esegue tutto da solo come sempre, cercando una calligrafia credibile e facile da leggere. L’idea della trasformazione del libro, oggetto per sua natura seriale, in pezzo unico raggiunge l’apice con questa opera. Oltre al già collaudato sistema di invecchiamento delle pagine, ogni copia è realizzata con copertina in pergamena sulla quale viene incollata della sabbia dalla quale fuoriescono alghe, frammenti lignei e soprattutto conchiglie. Le concrezioni sono disposte cercando di far sbucare parzialmente il titolo, ed un sigillo in materiale gessoso, anch’esso coperto di incrostazioni malacologiche, conferisce importanza al tutto. Seyppel, parte dalla certezza che il vero diario di Colombo non esiste più e quanto giunto a noi è frutto di estrapolazioni dovute a terzi. Basandosi sul racconto leggendario secondo cui durante il primo viaggio una tempesta costrinse il navigatore ad infilare le proprie memorie in una botte per affidarle al mare, Seyppel immagina che il manoscritto sia andato perduto il 14 Febbraio 1493, data storicamente corrispondente alla suddetta tempesta; poi inserisce una nota come se fosse stata vergata all’ultimo momento, nella quale si prega l’eventuale sconosciuto ritrovatore del manoscritto di mantenerlo segreto per consegnarlo solo al Re di Spagna. L’aspetto dell’opera è quello di un oggetto emerso da un relitto inabissato, o depositato dal mare sulle spiagge di chissà quale sperduto arcipelago. Un libro talmente unico e misterioso che, agli occhi di un lettore del XIX secolo sembrava qualcosa di museale ma allo sguardo di uno spettatore del XXI appare come un oggetto da film fantasy. E’anche capitato che qualcuno, essendone venuto casualmente in possesso, lo abbia messo in vendita sul web totalmente disorientato e sostenendo si trattasse di un autentico diario del navigatore genovese. Ignoro l’epilogo della vicenda e l’eventuale cifra di vendita ma le quotazioni ufficiali nelle poche librerie antiquarie che ne dispongono di una copia ben messa raramente scendono al di sotto dei 600 euro. Sarebbe interessante scoprire, data la meticolosità della realizzazione, quale fosse il prezzo di vendita del volume al tempo del suo primo arrivo nelle librerie…

 

(1) La “mumiendruck”, o carta di mummia, era prodotta e stampata presso gli stabilimenti F.Rangette & Sohn di Dusseldorf.

(2) Dunque Albert Robida nell’invenzione della copertina medievaleggiante in iuta con sigillo in ceralacca del suo La nef de Lutece (1900), riprese l’idea di Seyppel. E le somiglianze non finiscono qui: nel libro di Robida compare perfino la chiusura con i medesimi lacci, l’invecchiamento artificioso dei fogli interni ed una composizione delle pagine “anti tipografica” palesemente ispirata a quelle di Seyppel.

 

 

Carl Maria Seyppel, Schlau, Schlauer, am Schlausten, Aegyptische Humoreske, Verlag Felix Bagel Dusseldorf, 1882, formato in quarto, pagine anticate e smarginate illustrate in nero e rosso, copertina in tela di sacco sfilacciata, sigillo in cera riproducente un sigillo egizio, lacci in pelle, cuciture a mano. Esiste anche un’edizione cartonata con litografia a colori applicata ed inserto al centro in pergamena a rilievo con titolo. Nella litografia figura un tempio con l’epigrafe “Libro dissepolto”.

Carl Maria Seyppel, Er, Sie, Es, Aegyptische Humoreske, Felix Bagel, 1883, in quarto, 44 pagine anticate e smarginate illustrate in nero e rosso, copertina in tela di sacco sfilacciata con titolo impresso a secco, sigillo in cera riproducente un sigillo egizio, lacci in pelle, rilegatura con spago a vista. (Mentre la traduzione anglofona è fedele nel titolo, “He, She, It”, nell’edizione francese il libro è stato liberamente tradotto “Roi, Reine, Prince”).

Carl Maria Seyppel, Die Plagen, Aegyptische Humoreske, Felix Bagel, 1884, in quarto, pagine anticate e smarginate illustrate in nero e rosso, copertina in tela di sacco sfilacciata, finestra ovale con apertura sulla prima pagina incorniciata da coppia di leoni e scarabeo, rilegatura con spago a vista. Nel 1982 la trilogia è stata ristampata in un unico volume, ovviamente senza nessuna delle particolarità delle edizioni originali.

Carl Maria Seyppel, Christoph Columbus Logbuch, Felix Bagel, 1890, in quarto, 39 pagine con illustrazioni in carta pesante trattata con acidi, copertina in pergamena ricoperta con sabbia, conchiglie, frammenti di legno, alghe. Sigillo in gesso e lacci di cuoio. Cofanetto in cartone con illustrazione sul recto ed etichetta litografica sul dorso. L’edizione inglese si intitola My secrete Log Boke ed ha una copertina in pergamena simile ma più sobria, l’editore è Rangette & Sons, ed è del 1892. Una copia di questa edizione è fornita di lettera indirizzata alla Regina Isabella di Spagna. Si potrebbe dunque ipotizzare che il sigillo in copertina servisse a tenere la lettera ancorata al volume, ma non sembrano esistere lettere abbinate a nessun’altra delle copie conosciute.

 




Commenti

  1. 01. Paolo Forni

    Ottima opera di recupero di un artista completo in grado di creare dei pezzi unici e ripristinare un amore per un’opera che non sia seriale. Autore in grado di creare un’opera di Colombo che, come l’imitata, farebbe esclamare ad Indiana Jones: “quella dovrebbe stare in un museo”!

  2. 02. Giorgio Perlini

    Sì Paolo, hai centrato l’argomento. Quello della manipolazione degli oggetti seriali ai fini della ricerca di una originalità che sfiora l’unicità. Non ce ne sono molti di libri così, e solitamente si collocano più avanti nel tempo, frutto di sperimentazioni novecentesche, prima nel contesto delle Avanguardie storiche, poi elaborati da artisti pop o giù di lì.


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