Ombre del pentagramma : Vignola e Fragerolle

Le Sphinx. Note musicali come note cromatiche.

cover1   di Giorgio Perlini

All’interno della sala buia c’è sempre silenziosa condivisione. Il pubblico associa all’oscurità il tempo fremente dell’attesa. Poi un cono di luce dà inizio magico alla vita. Nessuno parla, chi proprio non resiste bisbiglia all’orecchio del compagno d’emozione. Ogni volta il rito si ripete da quando è nato il cinema, anzi un po’ prima. Quel senso di meraviglia non è stato violato neanche dalle troppo attrezzate e consumistiche multisale, figuriamoci com’era forte alla fine dell’Ottocento quando certe sere a Parigi, sulla collina di Montmartre, un piccolo teatro chiamato Le Chat Noir metteva in scena rappresentazioni -realizzate con ombre cinesi- di soggetti in verità molto occidentali, accompagnate da una musica eseguita dal vivo. Il celebre manifesto col gatto, disegnato da Théophile Alexandre Steinlen, altro non è che l’ombra del felino su cui baluginano gli occhi gialli. La diffusione della lanterna magica e la moda dei viaggi in oriente avevano contribuito alla diffusione del teatro d’ombre anche in Europa. Di questi spettacoli di luci colorate e sinfonie non ci sono filmati d’epoca, dunque nessuna traccia sembrerebbe rimasta ma il Musée de l’Armée di Parigi conserva delle sagome di legno usate per proiettare sulla ribalta de Le Chat Noir alcune silhouette animate. L’ubicazione in una sede apparentemente inappropriata si spiega col fatto che lo spettacolo in questione, intitolato Epopee, musicato da Fragerolle e “disegnato” dal grande Caran d’Aches, aveva come soggetto le vittorie napoleoniche.

Georges Fragerolle è un musicista pressoché sconosciuto, che è stato compositore e pianista ufficiale de Le Chat Noir, ruolo condiviso col più noto Erik Satie.

Dato il successo delle rappresentazioni Fragerolle ebbe l’idea di mandare in tipografia gli spartiti, non per stampare il tradizionale fascicolo ma realizzare un vero libro in edizione cartonata, contenente tutti i “quadri” messi in scena durante lo spettacolo d’ombre, trasformati per l’occasione in illustrazioni litografiche. Scelse come collaboratori vari artisti, presumibilmente gli stessi che realizzarono le sagome per le rappresentazioni, tra cui Amedee Vignola, altro personaggio sconosciuto (di cui sono note solo alcune immagini di gusto orientalista ed altre erotiche per i sonetti di Pietro Aretino) con cui realizzò forse il suo capolavoro, Le Sphinx.

L’opera narra dei più importanti eventi storici avvenuti in Egitto, avvolti in una atmosfera mitologica poiché collocanti tutti sotto lo sguardo ultraterreno ed impassibile della Sfinge. I sedici momenti musicali in cui lo spartito è diviso suggeriscono altrettante tappe della storia. Si apre con la situazione malandata ma sempre imponente della Sfinge nell’Ottocento e poi si passa in rassegna l’epoca splendida dei faraoni, la dominazione assira, l’esodo ebraico, lo splendore del regno di Sesostri (in verità precedente all’esodo, ma la ricostruzione di Fragerolle è puramente evocativa senza alcuna pretesa filologica), la guerra contro i Persiani, la conquista da parte di Alessandro. Vi è poi un’immagine singolare, un suggestivo notturno stellato in cui la Sfinge affiora come un’isola nel mezzo di una distesa d’acqua, forse una fantasiosa esondazione del Nilo, con passaggio di un’imbarcazione sulla cui prua si staglia la sagoma della regina Cleopatra. Poi si attraversa il regno romano, la fuga della Sacra famiglia, la conquista musulmana, l’arrivo delle crociate (circa trent’anni anni prima di questo componimento si era spento a Parigi Giacomo Meyerbeer, musicista compositore de “Il Crociato in Egitto”, che Fragerolle sicuramente conosceva), la marcia nel deserto da parte degli schiavi cristiani, la campagna napoleonica ed il ritorno ciclico all’Egitto ottocentesco. In queste tavole la Storia si stratifica col trascorrere del tempo mentre la Sfinge muta appena il suo aspetto. Le dimensioni dei diversi soggetti, piccole le ombre degli uomini, gigantesca la Sfinge, contribuiscono alla sensazione di eternità emanata dal colosso. Inoltre il monumento è collocato al centro di tutti i tableaux, con inquadratura fissa ma illuminazione variabile, ed è l’unico soggetto a non essere in silhouette, insomma un fondale scenico che nella sua definita e ben visibile immobilità assurge a protagonista. Fanno eccezione due immagini; nella prima Vignola zooma sulle zampe della scultura per concentrare lo sguardo sull’abbraccio tenero di Maria che culla il figlioletto sorvegliata da Giuseppe in un momento di riposo durante la fuga in Egitto. Nella seconda, al contrario, allarga il campo visivo per lasciare posto in primo piano a Napoleone a cavallo che, spada sguainata, sprona l’esercito all’avanzata conquistatrice; la sfinge in questo caso rimpicciolisce sullo sfondo a vantaggio del condottiero. Evidentemente Fragerolle e Vignola nutrivano simpatie napoleoniche tali da far non solo sovrastare il personaggio sulla Sfinge ma renderlo perfino più evidente di Gesù bambino. Dopo aver mostrato il progressivo decadimento del monumento lo spartito giunge a “la fin du monde”; la sfinge, definita “fantome blanche” nel cantato, appare incastonata tra i ghiacci, cascate di cristallo algido scendono dal suo capo, il deserto muta in paesaggio artico. La glaciazione che fece scomparire i dinosauri si ripresenta inesorabile ad estinguere ogni forma di vita. Restano, sebbene coperte, le vestigia del colosso. La malìa funebre del disfacimento colpisce perfino quelle creazioni che sembravano eterne, il volto stesso della statua prende l’aspetto d’un teschio con le orbite vuote. L’arbitrario perfezionismo restaurativo di Viollet-le-Duc, così in voga a Parigi, cede di fronte all’abbandono romantico ruskiniano secondo cui l’architettura deve fondersi con la natura e lasciare che questa abbia il suo spontaneo corso fino alla dissoluzione totale. Alla resa brillante delle tavole con colori che alternano toni cadi e freddi, albe e tramonti, stagioni ed ere, contribuisce l’ampiamente sperimentata tecnica cromolitografica con la quale si ottengono chiaroscuri puntinati sovrapposti a campiture piatte e smaglianti. Chissà se artisti come Kandinskij e Mondrian, scrupolosi nell’assegnare ai colori il tono musicale, la forma, il peso, ebbero mai l’occasione di vedere gli spartiti illustrati di Fragerolle.

Con mia grande sorpresa ho scoperto che un’interessante istituzione padovana, il museo del precinema Minici Zotti, possiede diverse sagome di zinco usate negli spettacoli d’ombra parigini tra cui, guarda caso, proprio Le Sphinx. Ebbene, lo stesso museo ha inserito in internet un filmato dove si può vedere un breve brano dello spettacolo in questione, ricostruito usando i materiali originali. La musica che accompagna la proiezione è ovviamente quella composta da Fragerolle e l’effetto godibilissimo. Del resto se Michel Ocelot realizza ancora film con tecniche simili a quelle della pioniera Lotte Reiniger vuol dire che, come detto in apertura, il fascino delle ombre resta immutato anche nell’era digitale.

Il libro-spartito di Fragerolle e Vignola, al crepuscolo dell’egittomania, all’incrocio tra l’esotismo biblico obbligatorio nei padiglioni delle esposizioni universali ed il giapponismo che contaminava pittura e moda fin de siecle, riassume tutte quelle tendenze che sarebbero confluite, giusto un paio d’anni dopo, nel Liberty.

 

 

Georges Fragerolle e Amédée Vignola, Le Sphinx, Enoch & Co e Flammarion, 1896, formato oblungo cm32,5 x cm24,5, copertina cartonata con immagine panoramica continua su fronte e retro; 42 pagine con 18 litografie a colori a piena pagina. La sovraccoperta riporta il prezzo dell’epoca, 7 franchi. (La data del 1896 è quella che viene indicata nello spartito come prima rappresentazione scenica; si presume che lo spartito sia stato mandato in stampa sulla scia del successo dello spettacolo, dunque l’anno di pubblicazione dovrebbe essere il medesimo).

A prezzi che si aggirano sul centinaio di Euro sono reperibili on line anche altri spartiti con le ombre litografiche, tutti di Fragerolle:

La Marche a l’Etoile del 1890 e Claire de Lune del 1897, entrambi illustrati da Henry Rivière.

Jean d’Arc, del 1900, illustrato da Henry Callot.

Lourdes, Legende Mystique, 1901, illustrato da Uzès.

Chansons des Oiseaux, inizio secolo (quest’ultimo spartito non è corredato da silhouette bensì da illustrazioni più tradizionali, peraltro bellissime, opera di Georges Fraipont).

Alcuni di questi racconti per immagini sono stati pubblicati anche come di serie di cartoline ma la stampa è qualitativamente inferiore a quella degli spartiti.




Commenti

  1. 01. Liliana

    Ho scoperto questo sito solo da poco e ho letto praticamente tutto! Le recensioni sono molto interessanti e dettagliate, è veramente un piacere leggerle 🙂

  2. 02. Giorgio Perlini

    Cara Liliana, grazie molto per l’apprezzamento, sono i commenti come il tuo che mi spingono a proseguire il “lavoro”. Come sei venuta a conoscenza del sito?
    Giorgio Perlini

  3. 03. Liliana

    Ho trovato il link tra i commenti di una pagina su Facebook, perché qualcuno lo stava consigliando. Non ricordo esattamente dove però, mi dispiace! In ogni caso il sito l’ho condiviso a mia volta sul mio profilo 🙂

  4. 04. Giorgio Perlini

    Grazie per la gentilezza!


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